Consorzio

Benvenuti in Valcalepio, il giardino di Bergamo.

Bergamo, cuore pulsante del comparto agricolo e produttivo della Lombardia, possiede un territorio particolarmente variegato.
Senza abbandonare la provincia è infatti possibile passare dalla montagna, al lago, dalla valle alla pianura; il tragitto del viaggiatore è inoltre allietato e reso ancora più interessante dall’incredibile proliferare di castelli medievali, chiese e abazie, a testimonianza di un passato ricco e vivace.

Guardando con più attenzione alla cartina di Bergamo e Provincia non potrà sfuggire all’attenzione del visitatore l’ampia zona verde limitrofa al territorio urbano della Città Dei Mille, quella lunga ed estesa macchia verde che costeggia il confine cittadino e avvolge il territorio come una cintura verde, ecco, quello è il Giardino di Bergamo, la Valcalepio.

Enologicamente parlando, la Valcalepio è quella lunga e stretta fascia pedemontana che si estende per circa 70 kilometri tra i fiumi Adda e Oglio.

Le colline raggiungono pendenze a volte proibitive per le coltivazioni ma sanno al tempo stesso trasmettere ai vini caratteristiche uniche di sapidità, struttura e personalità.
Sono proprio i vigneti lo specchio migliore e più fedele degli attori della Valcalepio, i produttori bergamaschi che rappresentano l’anima del Consorzio Tutela Valcalepio suddivisi in viticoltori, vinificatori e imbottigliatori.

Il Consorzio Tutela Valcalepio è stato fondato nel 1976 per libera volontà di quegli stessi produttori che ancora oggi coltivano le viti sul territorio della Valcalepio con lo scopo di tutelare e promuovere i vini del territorio.

Primo presidente fu, per un paio d’anni, Giampiero Lurani Cernuschi, cui seguì il conte Bonaventura Grumelli Pedrocca, che ha retto le redini del Consorzio per 32 anni sino al 2010. Quindi è stato presidente per un quadriennio Enrico Rota, che ha lasciato il posto nel 2014 a Emanuele Medolago Albani. Direttore del Consorzio è dal 1995 l’enologo piemontese Sergio Cantoni, succeduto a Carlo Zadra e Riccardo Guadalupi.

Dal 1976, quando i soci erano solo 22 e i vini da tutelare solo 1 (il Valcalepio Doc, riconosciuto proprio nel 1976), è passato molto tempo e molte cose sono cambiate.
Oggi i soci del Consorzio sono oltre 80 e rappresentano più dell’80% della produzione totale di Valcalepio Doc, cifra che ha sancito il ruolo del Consorzio Tutela Valcalepio come depositario dell’Erga Omnes per la denominazione, ossia ne ha riconosciuto l’importante ruolo di tutela e promozione a vantaggio di tutti i produttori (soci e non soci).

Ma anche le Denominazioni sono aumentate: il Consorzio Tutela Valcalepio attualmente si occupa della tutela, della valorizzazione e della promozione della Doc Valcalepio, della Doc Terre del Colleoni o Colleoni, e della IGT Bergamasca.

Il Consorzio Tutela Valcalepio ha rappresentato e rappresenta il fulcro dell’attività di tutela e promozione non solo della produzione enologica bergamasca ma dell’intero territorio orobico. Dalla sua nascita, infatti, il Consorzio porta avanti l’idea che Uniti si Può e che il vino è un prezioso prodotto del territorio che lo origina e della cultura che lo produce. Vino come messaggero e araldo del territorio.
Valcalepio è quindi il Vino di Bergamo.

 

Il nostro territorio.

La Καλοσ Επιασ (Kalos Epias), ovvero la Terra Buona e dolce conosciuta dagli antichi come terreno fertile e perfetto per la coltivazione, grazie al cima particolarmente mite e alla vicinanza del lago, è molto antica così come la tradizione vitivinicola in questa fascia pedemontana che comprende la zona tra i fiumi Adda e Oglio.

Testimonianze dell’antichità della viticoltura in bergamasca ci vengono dall’epoca latina: alcuni storici riportano la notizia dell’impianto di viti in quel di Scanzo da parte dei militi romani. Inoltre, per i Romani la cultura della vite a Bergamo diventò così importante che fu dedicato un tempio a Bacco nell’antico Borgo di San Lorenzo.

Plinio racconta che in questo territorio la coltivazione della vite era molto sviluppata, soprattutto nei luoghi più appropriati, cioè nella collina.

Quando poi nel 569 i Longobardi invasero la città, la vite, rimasta senza il vignaioli, costretto ad una precaria esistenza e soggiogato a lavorare per padroni per nulla avveduti, ebbe un notevole tracollo sotto il profilo della diffusione e della produttività e si rifugiò nelle proprietà ecclesia siche.

Ma anche nei secoli bui la gente bergamasca non smise mai di amare il suo vino, tanto che il primo atto ufficiale che attesta l’importanza economica del vigneto è proprio un rogito del 750 con il qual viene ceduta una vigna sotto le mura della città.

A testimonianza dell’’attenzione prestata dal potere pubblico al vino, nel 1243 Bergamo ordina i piantare le viti lungo la strada che va a Seriate e nel 1266 viene emanato lo statuto di Vertova che impone che ‘chi tiene a fitto tre pertiche di terreno comunale del Grumelli e nei Zereti vi pianti vigna’.

A partire dal 1700, con l’espansione dell’allevamento dei bachi da seta e della coltivazione dei gelsi, che in pianura sostituirono la vite, la produzione diminuì fino al punto che i Bergamaschi, all’inizio dell’800 furono costretti ad importare vino da altre regioni.

Con l’arrivo della peronospora e dell’oidio e la comparsa della filossera nel 1886, i vigneti subirono gravi perdite ma i bergamaschi in breve tempo reimpiantarono vastissime superfici tanto che già nel 1912 la superficie investita in viti superava quella di un tempo e continuò ad aumentare sino al 1940, all’inizio cioè della Seconda Guerra Mondiale. 

Gabriele Carrara descrive gli abitanti della Valcalepio come ‘gente dura alle avversità, come gli ulivi del vento, e pur generosa come i suoi vigneti’.

Dal 1950 la Camera di Commercio si rese promotrice di una vasta innovazione in viticoltura chiamando a consiglio anche illustri personaggi come il viticolo Italo Cosmo e si decise di modificare la base ampelografia, incentivando l’impianto di Merlot, Barbera, Incrocio Terzi, Marzemino gentile e Schiava grossa. Curati i vigneti, non rimaneva che pensare al vino: si istituirono così due cantine sociali, una a Pontida – la Val san Martino – che iniziò a funzionare nel 1959, l’altra a S. Paolo d’Argon – la Bergamasca- che iniziò a funzionare nel 1960.

Vogliamo concludere questa panoramica con le parole del Marengoni quando sostiene che ‘il vino risulta dal matrimonio tra ambiente e capacità umana: la collina bergamasca e il suo viticoltore non potevano quindi che generare vini, quali il Valcalepio e il Moscato di Scanzo’.

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